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La Protesi d'anca: l'intervento del millennio

Immagine del redattore: Massimiliano CarrozzoMassimiliano Carrozzo

Aggiornamento: 28 dic 2022

La chirurgia protesica dell’anca è stata definita come l’intervento del millennio.

Un breve excursus: per protesi d’anca si intende la sostituzione dell’articolazione dell’anca con un elemento artificiale che riproduce il movimento dell’anca stessa. Viene impiegata quando si verifica un’alterazione tale dell’articolazione (coxartrosi) da provocare dolori costanti e invalidanti.

Solitamente il dolore è quotidiano e limitante le attività quotidiane. Talvolta è anche notturno. Le malattie che portano ad una protesi dell’anca non colpiscono come si può pensare solo gli anziani ma anche pazienti più giovani. Nei pazienti più giovani l’indicazione alla protesi è riservata solo se tutti i trattamenti precedenti conservativi quali infiltrazioni, terapia farmacologica sono falliti e il dolore continua a persistere. Questo perché l’intervento di protesi d’anca è comunque un intervento di chirurgia ortopedica maggiore ed è ancora caratterizzato, sebbene in misura molto minore al passato, a problematiche di usura delle componenti e a possibili, oggi per fortuna, rare, complicazioni.

È chiaro che un paziente giovane usurerà di più una protesi, se non altro per l’aspettativa di vita che lo attende. D’altro canto più un paziente è anziano, più è defedato, più presenta malattie concomitanti o precedenti chirurgie e più è a rischio di avere una complicazione. Molte di queste complicazioni possono però essere “riparate” da specifici trattamenti e, in alcuni casi, dal tempo”. “Tra le cause più frequenti che possono portare ad una artrosi tale da necessitare una protesi d’anca vi sono alcuni fattori predisponenti congeniti o dell’accrescimento. Il più frequente è il conflitto femoro-acetabolare. Altro esempio classico è la displasia congenita dell’anca, ovvero un’anomalia nella formazione dell’acetabolo e del femore prossimale che porta a una distribuzione alterata dei carichi e all’artrosi. Poi ci sono fattori acquisiti come la necrosi della testa del femore e cioè la mancanza di vascolarizzazione in una parte del femore che provoca la morte dell’osso vicino all’articolazione e quindi la comparsa di un’artrosi meccanica. La necrosi ha varie origini. Alcune di tipo vascolare (pazienti diabetici, in terapia con farmaci particolari etc.). Alcune di tipo traumatico, come ad esempio alcuni tipi di frattura del collo del femore che portano ad una lesione diretta dei vasi terminali che nutrono la testa del femore. “Oggi, in ambito di protesi dell’anca, lo sforzo di tutti noi Ortopedici e delle industrie del settore è cercare di ottenere il miglior risultato possibile in termini di recupero funzionale, usura delle componenti e riduzione delle possibili complicazioni. Nuovi approcci chirurgici all’anca, tra cui, in primis, quello da me utilizzato, la via Superpath, permettono di risparmiare al massimo la muscolatura, motore dell’articolazione. Con questi nuovi accessi, assistiamo a riprese funzionali che, non di rado, hanno dello stupefacente riducendo contemporaneamente al minimo le perdite ematiche”. “I materiali sono molto migliorati e, soprattutto, testati dal tempo. Oggi i materiali a contatto con l’osso permettono una integrazione della protesi nella stragrande maggioranza dei casi. Questi sono il Titanio e l’idrossiapatite, diversamente utilizzati, e ormai ai massimi livelli di efficienza. I materiali dove invece avviene il movimento protesico, e quindi più soggetti ad usura, sono fondamentalmente due: la ceramica e il polietilene. Si tratta di materiali ormai alla loro terza generazione e frutto di lunghe esperienze sul campo. Dal 2000 l’introduzione dei polietileni cross-linkati (irradiati), dà ottime prospettive di mantenimento della protesi nel tempo. L’ultimissimo polietilene è stato integrato con la vitamina E, antiossidante che neutralizza i radicali liberi, in parte responsabili dell’usura.

Esempio di Protesi di Anca



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